I Corpi Minori del Sistema Solare      -     Gli Asteroidi


Classificazione

La suddivisione degli asteroidi in classi tassonomiche si basa sulla presenza o assenza nel loro spettro di bande di assorbimento, segni indicatori delle caratteristiche mineralogiche degli asteroidi stessi.
L'intuizione che si potesse operare una distinzione tra gli asteroidi in base alle caratteristiche spettrali è da attribuire, nel 1929, a N.T. Bobrovnikoff del Lick Observatory il cui intento era quello di poter operare un confronto tra gli asteroidi e le meteoriti, seguendo in ciò l'idea, da sempre presente nello studio di questi corpi, che le due classi di oggetti celesti fossero intimamente collegate.
Vi erano però grosse difficoltà nella corretta associazione tra meteoriti ed asteroidi e provenivano sostanzialmente da due cause: anzitutto l'inevitabile alterazione chimica dei meteoriti, indotta dallo shock termico conseguente all'interazione con l'atmosfera, fatto che non consente di ricostruire con attendibilità il loro spettro originario; a ciò si deve aggiungere il non aver considerato due caratteristiche degli asteroidi (irregolarità della struttura e rapida rotazione intorno al proprio asse) che rendevano problematica la registrazione corretta dello spettro (Chapman, 1975).
Solo negli anni '50 furono iniziate, da Kuiper e Gehrels (Università dell'Arizona), misurazioni di fotometria fotoelettrica di alta qualità usando lo standard UBV; i risultati ottenuti consentivano di poter operare una prima grossolana differenziazione in due gruppi diversi: uno nel quale i colori erano rossastri e la luminosità relativamente elevata e l'altro in cui i colori più neutri si accompagnavano ad una luminosità inferiore.
Le differenze di colore venivano così interpretate come indice di una diversa composizione delle superfici ipotizzando per i primi una struttura superficiale composta in prevalenza da silicati e metalli, mentre le superfici di quelli più scuri dovevano essere ricche di materiale carbonaceo opaco.
Il notevole incremento d'interesse nel mondo scientifico per gli asteroidi, verificatosi a partire dagli anni '70, ha portato notevoli e proficue ripercussioni anche sull'aspetto dell'analisi spettroscopica di questi corpi.
Il perfezionamento degli strumenti di osservazione rendeva inoltre possibile la registrazione simultanea di più regioni dello spettro (senza dunque dover ricorrere a rilevazioni in tempi diversi), con l'enorme vantaggio di ottenere misure insensibili alle inevitabili variazioni di flusso imputabili alla rotazione di un oggetto di forma irregolare.
Anche nel campo della rilevazione spettrale è stato cruciale lavvento dei CCD, l'impiego dei quali ha consentito di spingere l'osservazione fino a corpi della fascia principale con diametro dell'ordine del km (Burbine e Binzel, 1993).

La tassonomia attualmente considerata più degna di nota è dovuta alla tesi di dottorato di Tholen (1984) e si basa sui dati relativi alla survey in otto colori su un campione di 589 asteroidi iniziata da Zellner e collaboratori nel 1979 (Zellner et al., 1985).
Essa prevede 14 classi: ad esse ne è stata aggiunta un'altra (K) per opera di Bell e Tedesco (1989) a seguito dell'osservazione della famiglia di Eos, ed altre due (J e O) da Shui Xu et al. (1995) a seguito dell'osservazione di piccoli asteroidi della fascia principale.
Delle 14 classi identificate da Tholen, 11 provengono direttamente dagli spettri rilevati dalla citata survey di Zellner e 3 (E, M, P) dalla valutazione dellalbedo visuale (Burbine e Binzel, 1993).
Come è naturale che l'aumento delle conoscenze in materia potesse portare all'introduzione di nuove classi, è altrettanto lecito aspettarsi che alcune classi possano essere a loro volta suddivise in sottogruppi, e questo si è verificato per gli asteroidi di tipo S nel momento in cui si è appurato che le caratteristiche spettrali estremamente variegate potevano giustificare una ulteriore suddivisione.
Per tale gruppo tassonomico, Gaffey e collaboratori proponevano la distinzione in sette sottoclassi S(I) ... S(VII), nelle quali S(I) corrisponde ad una struttura prevalentemente costituita da olivina, S(VII) ad una struttura di pirossene e le classi intermedie abbondanze variabili di questi due componenti.
La tabella che segue riassume le caratteristiche delle principali classificazioni tassonomiche:

Autore Anno Campione

Classi

THOLEN 1984 589 A, C, D, X, T, S, B, F, G, R, Q, V (*)
BARUCCI et al. 1987 438 B, E, G, C, M, D, S, V, A (**)
TEDESCO et al. 1989 357 C, S, M, E, D, F, P, A, G, T, K (***)

(*) La classe X comprende le sottoclassi E, M e P.
(**) La classe B comprende le sottoclassi D e S.
(***) Circa l'11% del campione si colloca in posizione intermedia tra le classi, ed in tal caso viene indicato ricorrendo alla doppia lettera.

Approfondiamo (senza esagerare...) l'analisi delle classi tassonomiche, e lo facciamo servendoci di una tabella (Taylor; 1992) che ne illustra in modo sufficientemente chiaro e sintetico le caratteristiche principali.
Le classi vengono suddivise in tre gruppi in base al valore dell'albedo.

Classi a bassa albedo ( < 0.1 )

Classe C comune nelle parti esterne della fascia principale e simile come composizione superficiale ad alcuni tipi di condriti (CI e CM).
Comprende le sottoclassi B, F e G con minori distinzioni spettrali e di albedo.
Classe D rara nella fascia principale, ma predominante al di là della risonanza 2:1 con Giove a 3.25 U.A., il colore rossiccio è forse dovuto a materiali kerogen-like. Non vi sono meteoriti analoghe.
Classe P comune nei pressi della parte più esterna della fascia principale, probabilmente ricca di C.
Non vi sono meteoriti analoghe.
Classe T rara e di composizione sconosciuta, probabilmente condriti carbonacee fortemente alterate.
Classe K possibile progenitore delle condriti CV e CO.


Classi ad albedo moderata

Classe A tipologia rara con spettro molto rosso, con caratteristiche infrarosse di assorbimento tipiche dell'olivina, forse simile alle brachiniti.
Classe M comune nella fascia principale, probabilmente composta di metallo Fe-Ni, come le meteoriti metalliche.
Classe Q l'asteroide 1862 Apollo e forse altri due Earth-Approachig sono gli unici esemplari di questa classe, e possono essere i progenitori delle condriti ordinarie (H, L ed LL).
Classe R l'unico appartenente è l'asteroide 349 Dembowska, che sembra avere una superficie di olivina, pirossene ed alcuni metalli.
Probabilmente analogo alle acondriti ricche di olivina.
Classe S comunissima nella parte interna della fascia principale e tra gli asteroidi Earth- approaching, con proporzioni variabili di metalli, olivina e pirossene.
E' probabilmente apparentata alle pallasiti e ad alcune meteoriti metalliche.
Classe V formata da 4 Vesta, 3551 Amor e 1983 RD, mostra forti caratteristiche del pirossene, simile alle acondriti basaltiche.


Classi ad albedo elevata (>0.3)

Classe E tipologia rara, forse simile alle condriti enstatiti.

 

In merito alla suddivisione in classi ed alla appartenenza di un asteroide ad esse è opportuno sottolineare alcuni fattori:
  1. La separazione tra le classi non è molto netta, e ci sono notevoli margini di incertezza; non è infrequente, quindi, l'appartenenza contemporanea di un asteroide a diverse classi tassonomiche.  La tassonomia, infatti, è basata sulle caratteristiche spettrali e non fornisce automaticamente una interpretazione mineralogica.
  2. Rivestono particolare importanza, per il numero elevato di asteroidi ad esse assegnati, tre classi principali: C (carbonacei), S (silicati) ed M (metallici).
Annotiamo inoltre la particolarità della classe D, nella quale predominano gli asteroidi Troiani (posti ad una distanza di 5.2 U.A. dal Sole nei punti lagrangiani L4 e L5 di Giove ed in risonanza 1:1 con il pianeta gigante), caratterizzata da corpi molto scuri e rossastri, ricchi forse di composti organici relativamente complessi e simili ai nuclei delle comete (Farinella, 1988); somiglianza evidenziata anche da indagini recenti (Marzari et al., 1995) e che ha portato ad ipotizzare legami molto più profondi tra le due categorie di corpi celesti..
  3. Uno studio globale sulla distribuzione statistica delle varie classi deve assolutamente tener conto del ruolo giocato dalla natura chimica della superficie: da essa dipende l'albedo e, di conseguenza, la maggiore o minore osservabilità di un asteroide.
  4. Analizzando il legame tra classe di appartenenza e distanza dal Sole (Figura 7 - Taylor, Solar System Evolution, pag. 225, fig.5.11.4) si può evidenziare come le varie classi tendano ad occupare ciascuna una particolare zona ed è naturale interpretare questo dato come ulteriore conferma del ruolo giocato dalla temperatura nella nebulosa solare primordiale (i materiali rocciosi brillanti erano meno volatili e sono rimasti all'interno, a differenza di quelli più scuri, ricchi di carbonio).

Figura 7 - Grafico tassonomia-distanza dal SoleIl fatto che la distribuzione delle classi mostri un gradiente composizionale con la distanza eliocentrica ha portato Bell a identificare tre super-classi per cercare di interpretare in modo più adeguato la tassonomia di Tholen: si differenziano in tal modo i gruppi igneo, metamorfico e primitivo.
Gli oggetti del gruppo primitivo si collocano nella zona esterna della fascia principale (gruppo di Hilda e Troiani) e sono stati sottoposti ad un riscaldamento nullo o comunque limitato.
L'acqua potrebbe pertanto essere presente solo come ghiaccio e la bassa temperatura non consentirebbe le reazioni di idratazione per le quali è necessaria la presenza di acqua, e dunque la fusione del ghiaccio.
Gli oggetti del gruppo metamorfico popolano la regione compresa tra la parte centrale e quella esterna della fascia principale, e sono stati riscaldati quanto basta per mostrare cambiamenti spettrali indicatori della presenza di acqua allo stato liquido.
Gli oggetti del gruppo igneo, infine, occupano la zona più interna della fascia principale ed hanno probabilmente subito processi di fusione.
La presenza di oggetti di questo tipo andrebbe diminuendo fino a diventare nulla ad una distanza di 3.5 U.A. suggerendo lidea che l'accrezione dei pianeti di tipo terrestre sia avvenuta partendo proprio da planetesimi ignei (Taylor, 1992).
Riporto una tabella (da Burbine e Binzel, 1993) che illustra le caratteristiche delle tre super-classi di Bell attraverso il confronto con le caratteristiche spettrali dei materiali meteoritici rilevate in laboratorio:

SUPERCLASS CLASS INFERRED
MINERALS
ANALOGOUS METEORITES
PRIMITIVE D clays, organics (none)
P clays, organics (none)
C clays, C, organics CI, CM chondrites
K oli, pyx, carbon CV, CO chondrites
METAMORPHIC T ? ?
B+G+F clays, opaques altered carb. chond.
Q pyx, ol, gray NiFe H, L, LL chondrites
IGNEOUS V plag, pyx, ol basaltic achondrites
R ol, pyx ol-rich achondrites ?
S pyx, ol, red NiFe pallasites, irons ?
A ol brachinites
M NiFe irons
E Fe-free pyx aubrites

Uno dei rompicapo con il quale si ha a che fare nello studio comparato di asteroidi e meteoriti (spesso indicato con il termine di paradosso spettrofotometrico) è l'assenza di oggetti che possano costituire la sorgente delle condriti ordinarie.  Le condriti ordinarie sono il tipo di meteoriti più comune (costituiscono più dell'80% del flusso meteorico sulla Terra), ma nessuno tra i possibili candidati della fascia asteroidale presentava le caratteristiche spettrali rilevate in laboratorio.
Vi sono due teorie che cercano di spiegare questo fatto:
la prima ipotesi è che vi sia un errore nell'interpretazione degli spettri ottenuti dagli asteroidi e che le superfici degli asteroidi costituiti da condriti ordinarie siano state in qualche modo alterate;
la seconda ipotesi è che i corpi costituiti da condriti siano di piccole dimensioni, al limite delle possibili osservazioni.
E proprio la ricerca della soluzione di questo rompicapo ha spinto alcuni ricercatori del M.I.T. (Shui Xu et al., 1994) ad intraprendere un'analisi spettroscopica sui piccoli asteroidi della fascia principale.
Nel corso di questa survey è stato così identificato per la prima volta un oggetto (3628 Boznemcova) che mostra uno spettro tipico delle condriti ordinarie e per il quale è stata proposta la collocazione nella nuova classe O.
Un altro asteroide (il Mars-crosser 2078 Nanking) ha evidenziato uno spettro simile a quello delle condriti H.
Questi fatti costituiscono una scoperta cruciale per la soluzione del paradosso delle condriti, ma rimane ancora irrisolto il problema costituito dal ridottissimo numero di oggetti di questo tipo finora individuati, il che rende praticabile anche la prima ipotesi.
L'idea di fondo (Chapman, 1996) è che un certo numero di asteroidi di tipo tassonomico S siano le sorgenti delle condriti ordinarie, ma la loro composizione reale sarebbe mascherata dagli influssi della radiazione solare, che renderebbe le superfici apparentemente più rosse e più metalliche di quanto non siano in realtà (invecchiamento superficiale).
Questa ipotesi sarebbe stata confermata anche da esperimenti di laboratorio eseguiti da Moroz e collaboratori al Vernadsky Institute di Mosca (1996): irraggiando ripetutamente frammenti di condrite ordinaria con un laser (simulando in tal modo il bombardamento ad opera di micrometeoriti) si è osservato che lo spettro del meteorite frantumato subiva un cambiamento, diventando simile allo spettro di un asteroide di tipo S.
In quest'ottica si colloca anche una terza, recentissima ipotesi (Zappalà et al., 1997) che identifica quali sorgenti delle condriti ordinarie alcuni oggetti di tipo S (come 6 Ebe e 7 Iris), la famiglia dinamica di Maria e la risonanza 3:1 con Giove: su di essa ritorneremo in modo più dettagliato parlando di 433 Eros.


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